Bioreattori a membrane per il trattamento delle acque reflue

La depurazione delle acque reflue rappresenta una delle principali esigenze per la tutela delle risorse idriche, dell’ambiente e della salute dell’uomo. L’attenzione del legislatore, del mondo tecnico e delle imprese e sempre più rivolta alle possibilità di recupero e riutilizzo delle acque depurate con soluzioni e tecnologie sostenibili e tali da garantire l’assenza di rischi.

I bioreattori a membrane (MBR) rappresentano l’evoluzione dei trattamenti biologici convenzionali, sono proposti come soluzione tecnologica del futuro e consentono il raggiungimento di elevati rendimenti depurativi e la possibilità di riutilizzo delle acque trattate. L’utilizzo di tecnologie avanzate richiede, pero, opportuna competenza in fase di progettazione e di gestione e necessita di attenzione specifica.

I processi a membrana realizzano, mediante l’applicazione di una forza motrice, una separazione tra due fluidi,[1] attraverso una barriera selettiva (la membrana stessa), che viene attraversata solamente da alcune sostanze presenti nei fluidi mentre è poco, o per nulla, permeabile alle altre.

Con questo termine vengono indicati diverse tipologie di processi di separazione caratterizzati dal seguente principio di funzionamento: la soluzione da trattare, o l’alimento, attraversa la membrana che fungendo da filtro, si lascia attraversare dal permeato[2] (o diluito) ma trattiene il retentato (o concentrato).

Le prime applicazioni dei processi a membrana risalgono alla seconda metà degli anni cinquanta e sono state rivolte ai processi di dissalazione di acque marine o salmastre, mediante l’utilizzo di membrane per osmosi inversa.

Successivamente, negli anni sessanta e settanta si è sviluppato il settore dell’ultrafiltrazione.
Ulteriori sviluppo nel campo delle membrane hanno portato alla produzione di membrane addolcenti chiamate membrane per nanofiltrazione, collocabili a cavallo tra quelle per ultrafiltrazione e quelle per osmosi inversa.

I più recenti sviluppi si caratterizzano si per l’utilizzazione di nuovi materiali (membrane ceramiche resistenti a temperature maggiori di 100 °C) per le classi di membrane esistenti che per l’affinamento degli schemi di processo.

Esistono due tipologie di membrane:

le membrane scariche;
le membrane cariche.

Le membrane scariche sono caratterizzate da un effetto di stacciatura molecolare mentre quelle cariche invece abbinano all’effetto stacciatura molecolare proprio delle membrane non cariche anche un meccanismo di separazione per effetto della mutua carica tra membrana e particella, legato al potenziale di Donnan.

Uno degli aspetti più critici del processo a fanghi attivi è sempre stato la separazione della biomassa dall’acqua trattata. Accanto allo sviluppo di tecniche di separazione fi sica (bioreattori a membrana), un altro importante campo di ricerca è stato il miglioramento delle proprietà di sedimentazione dei fanghi attivi. Il requisito fondamentale di una biomassa con buone caratteristiche di sedimentazione è una struttura granulare basata su particelle compatte, dense e grandi, con un elevato peso specifici.

Direttive comunitarie sempre più attente alla salvaguardia del patrimonio idrico hanno
portato, negli ultimi anni, ad un’evoluzione molto rapida della normativa italiana in materia di acque reflue e, di conseguenza, assumono una notevole importanza i bioreattori a membrana. Il DM del 12 Giugno 2003, n. 185, ha fissato le norme per il riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell’art. 26, comma 2, del DL 152/99. Per poter riutilizzare l’acqua per uno qualsiasi degli scopi previsti dalla 185/03, è necessario un alto grado di qualità, sia dal punto di vista igienico-sanitario che per la rimozione delle sostanze inquinanti e tossiche.

L’impianto MBR nasce con l’intento di soddisfare a pieno tali normative, garantendo una purezza del liquame senza eguali. Grazie all’elevato grado di purezza chimica, fisica e batteriologica del permeato (liquame trattato), il suddetto reattore permette il riutilizzo dell’acqua depurata per altre applicazioni e quindi di compiere un effettivo riciclo. Il tradizionale processo a fanghi attivi, concepito per l’abbattimento della sostanza organica putrescibile, per opera di batteri in apposite vasche di ossidazione, si presenta poco flessibile di fronte le eventuali variazioni di portata del liquame; inoltre, lo stesso processo risulta lento nel degrado organico.

L’introduzione delle membrane, nelle convenzionali vasche di ossidazione, consente il superamento dei limiti posti dal sistema precedente. Le membrane si presentano come fasi sottili usualmente eterogenee, composte da materiali naturali o sintetici, organici o inorganici; sono dotate di capacità selettiva e quindi in grado di sottrarre parte o la totalità degli inquinanti in soluzione.

L’uso degli MBR nel campo della depurazione delle acque è cresciuto notevolmente negli ultimi anni. I vantaggi degli MBR rispetto ai processi di trattamento convenzionali includono le piccole dimensioni, l’elevata purezza degli effluenti, una buona capacità di disinfezione, un carico volumetrico maggiore e una minore produzione di fango.


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